La poesia di Carmine Marozzo nell’opera “I Nostri Ricordi”
Carmine Marozzo, nato a Rovella, frazione di Zumpano, poeta calabrese di grande valore artistico e culturale, con il suo volume “I Nostri Ricordi”, edito da “Pubblisfera” di San Giovanni in Fiore, esprime ideali universali, in quanto, il suo “essere” aspira a profondi aneliti di maturità, di sapienza e di saggezza. La valorizzazione della dignità della vita, nel contesto della natura e nell’azione di recupero della memoria storica, costituisce il riferimento del suo agire e l’essenza dei suoi luminosi sentimenti. Nel visualizzare il passato, nella sua dimensione spaziale ed etico-religiosa, Carmine Marozzo restituisce il “Sacro Splendore” al paesaggio, incastonato amorevolmente nel suo animo generoso e nella mitezza del carattere. La gioiosa descrizione dei luoghi, in cui pone, con sobrietà poetica e con funzionalità armonica, le persone più care, l’innamorata, gli amici d’infanzia e i paesani, rappresenta il suo intimo e sincero bisogno esistenziale, tracciato nel solco delle sue radici ed imbevuto del sudore dei Padri. L’autore, con la sua splendente ingegnosità e pura creatività, impone ad ogni persona, richiamata nella sua silloge poetica, un sorriso semplice e bonario, nella precarietà economica dei tempi, con l’intento di comunicare ai giovani un principio etico-morale universale: La felicità si coglie e genera nelle piccole cose. Un bicchiere di vino bevuto con gli amici, dopo il duro lavoro nei campi, costituisce fonte di pace e di felicità. Volgere lo sguardo a Dio per meditare, collocarsi con la forza del proprio animo nella natura per difenderla, esaltare il valore della solidarietà per contrastare barriere ed abbattere muri che separano.
Carmine Marozzo, attento e sensibile, riflette sulla realtà disarmonica dei nostri tempi, si abbandona con garbo e discreto silenzio in un pianto accorato e commosso, con versi che tendono al sublime:
“Oggi la natura è triste,
non s’odono nemmeno
gli uccelli cinguettare,
non s’odono per le strade
il canto dei bambini
gli affanni degli innamorati,
non s’ode niente
e il mio cuore è triste e solitario.”
La tristezza, intesa come consapevolezza dell’aridità umana dell’oggi e preoccupazione per l’incertezza del futuro, assume, ancor più triste, una pagina di viva sofferenza nella poesia del nostro “Tiempi i quatraranza”:
“Eranu tiempi belli
nun c’era strafottenza, odiu e stizza
e ccu caluri si stringia la manu.
supra na neglia carrica de viantu
la mente mia vula in lontananza
e ntra lu cori nu rimpiantu siantu
dde lu felice tiempu e quatraranza.”
Dalla lettura d’insieme del libro di Carmine Marozzo si coglie l’emozione di un uomo di grande dignità intellettuale, che non ha pregiudizi, ma vuole indurci a riflettere.
Nei significativi versi di “Na sira de Natali”, Carmine Marozzo, si immerge nel tepore e ristoro del Santo Natale, avvalendosi di una terminologia dialettale ricorrente della gente di Zumpano, suo luogo natio, per esaltare quei momenti belli, in cui il cuore pulsava di serenità e di gioia, di tenerezza e amore, di strette sincere di mano e di auguri. Ogni cosa del Natale è un seme d’amore. La tavola preparata con attenzione, con i suoi piatti e dolci tradizionali, diventa luogo di consolidamento di affetti e di appartenenza.
“Nu turdiddruzzu ammelatu,
na scaliddra zuccherata,
nu ciccitiallu ngiloppatu,
nu bicchiari de muscatu
e l’uacchi tua mbetrati,
ca mi guardanu, ca mi leianu, ca mi parranu.
Pua na nuci, nu cuacciu de lupini
Nu bicchieruzzu e vinu…”
Il Natale, per il poeta Carmine Marozzo, è festa della natura e delle cose, è poesia delle immagini, è il fiato (iatu) del bue e dell’asinello che riscaldano il Bambin Gesù in una notte fredda e stellata, è l’amore verso la terra, la tradizione e i frutti dell’orto, è un mosaico sapiente, è la voce animata del Vangelo. Nel suo animo sono impressi e tracciati i luoghi della sua giovinezza, al fine di immortalarvi le persone. Affiora, dalla dimensione etico-morale della sua schietta e solenne personalità, “a fimmina” di Rovella, frazione di Zumpano. La poesia di Carmine Marozzo, nel descrivere “ a fimmina sbocciata ppe lli vasi”, diventa sole accecante e caldo, perché il ricordo richiama tempi di umiltà e dignità. La donna stessa era poesia per il Nostro. I versi di riferimento hanno una musicalità, così naturale, tanto da leggerli ed ascoltarli come suoni della natura.
“Quannu tu a vidi ccu chill’uacchi granni e funni,
ccu chira facce beddra,
e lla vuccuzza e cuacci de granatu,
lu sangu ti frizza cumu na gazzosa
miscata ccu zibibbu e ccu muscatu,
tu rimani mpasimatu,
e ppe ra via lassi n’adduru e marvarosa
a fimmina e Ruveddri … è n’atra cosa!…
la grazia, la purizza e llu splennure
c’adornanu stu cuarpu tua divinu…”
Fra queste donne, assume un valore pulsante e fertile, sua moglie, che, in occasione del venticinquesimo anno di matrimonio, la dimensione affettiva, collocata nel ricordo, si nutre di versi di eccelso significato umano e sentimentale.
“Dolce amore mio,
sembra l’altro ieri che ci sussurravamo
piccole frasi d’amore
e invece sono passati venticinque lunghi anni
e malgrado tutti i nostri acciacchi,
i nostri difetti, ci vogliamo bene…
Mi sono voltato indietro
e ho intravisto in questi venticinque anni
tutto il nostro passato,
perciò, ti dico grazie di tutto, amore mio,
oggi ti amo più di ieri
perché so quanto amore nutri per me…”
I “Versi” del “Nostro”, derivanti da un “Cuore” che si immerge nelle profondità delle riflessioni più pure e salubri, sono testimonianza di un patrimonio morale che trova la sua ragione d’essere, nelle sue saldi radici di appartenenza ad un mondo di giovinezza, in cui i colori della terra natia sono simili all’arcobaleno, che appare maestoso nell’orizzonte visibile, in uno sguardo attento e sinceramente scrutatore.
Il poeta Carmine Marozzo tende il suo animo, fin dai suoi anni verdi, alla fioritura dell’amore.
Deposita il seme dei suoi ideali sull’altura di un colle fiorente, da cui osserva il volo delle rondini in cerca di libertà.
“La, sulla cima del colle verde,
vidi un mandorlo risplendente
vidi in cielo le rondini garrire
e le viole in terra fiorire.”
–
Critico Letterario Prof. Luigi De Rose
Preside Istituto Tecnico Statale per Geometri “Salvatore Quasimodo” e Istituto Tecnico Commerciale Statale “A. Serra” di Cosenza